Frederic Humbert sul suo blog Rugby Pioneers racconta il rugby dei primordi: un brodo primordiale in cui faceva la sua figura anche l’Italia. Agli inizi del ventesimo secolo sono ncora una volta sono gli inglesi residenti a Genova che importano lo sport nel Belpaese e, qualche anno più tardi, il regime fascista vi intravede un utile strumento di propaganda. “Il giuoco del rugby, sport da combattimento, deve essere praticato e largamente diffuso tra la gioventù fascista“, così scriveva Achille Starace, uno dei più convinti gerarchi fascisti durante il Ventennio. Basta eliminare “fascista” e sostituire “da combattimento” con “di formazione fisica e mentale” ed ecco che lo slogan resta ancora valido.
Al di là del credo politico, se il nostro rugby avesse iniziato a svilupparsi già a quell’epoca, invece di svegliarsi a metà degli anni ’80, forse oggi potremmo vantare una diversa autorevolezza ovale a livello sia nazionale che internazionale. Detta così è un’ovvietà, ma da quello che ho capito leggendo varie fonti le basi per fondare un movimento di tutto rispetto c’erano eccome mentre solo oggi, con il 6 Nazioni e l’imminente Celtic League, si guarda al di fuori della nicchia in cui l’ovale è stato riposto per decenni.
(Fonte Immagine: Rugby-Pioneers)