Rugby Spot Ignoranza

The slow one now will later be fast

Posts Tagged ‘Storia’

Italia, il rugby e il regime

Posted by Giorgio Pontico su 17 marzo 2010

Frederic Humbert sul suo blog Rugby Pioneers racconta il rugby dei primordi: un brodo primordiale in cui faceva la sua figura anche l’Italia. Agli inizi del ventesimo secolo sono ncora una volta sono gli inglesi residenti a Genova che importano lo sport nel Belpaese e, qualche anno più tardi, il regime fascista vi intravede un utile strumento di propaganda. “Il giuoco del rugby, sport da combattimento, deve essere praticato e largamente diffuso tra la gioventù fascista“, così scriveva Achille Starace, uno dei più convinti gerarchi fascisti durante il Ventennio. Basta eliminare “fascista” e sostituire “da combattimento” con “di formazione fisica e mentale” ed ecco che lo slogan resta ancora valido.

Al di là del credo politico, se il nostro rugby avesse iniziato a svilupparsi già a quell’epoca, invece di svegliarsi a metà degli anni ’80, forse oggi potremmo vantare una diversa autorevolezza ovale a livello sia nazionale che internazionale. Detta così è un’ovvietà, ma da quello che ho capito leggendo varie fonti le basi per fondare un movimento di tutto rispetto c’erano eccome mentre solo oggi, con il 6 Nazioni e l’imminente Celtic League, si guarda al di fuori della nicchia in cui l’ovale è stato riposto per decenni.

(Fonte Immagine:  Rugby-Pioneers)

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Mischia è quando arbitro fischia

Posted by Giorgio Pontico su 11 gennaio 2010

Traduco un interessante articolo di Bryn Stephen uscito oggi su Planet Rugby. Vale la pena di leggere.

Mi piacerebbe dipingere un quadro per voi. Un giorno nella vita di un pilone. Noi sudiamo, sanguiniamo, lavoriamo sodo con l’obiettivo di garantire il possesso dell’ovale. E’ una delle nostre funzioni primarie.

In un articolo scritto tempo fa, ero preoccupato rispetto alle mischie e a ciò che sarebbero potute diventare nel mondo delle ELV  e del professionismo ai massimi livelli.

Ero preoccupato che la nuova regola del “tocco…ingaggio”, insieme al resto, avrebbe ridimensionato notevolmente la natura agonistica della mischia.

Se da una parte ritengo che il danno sia stato minimo (sicuramente inferiore a quanto temevo), dall’altra è comunque cambiato qualcosa: l’introduzione del pallone. Guardare l’ovale muoversi come una calamita verso i piedi del numero otto avversario è uno degli spettacoli più deprimenti per una prima linea che sta dando tutto in una mischia per quei fondamentali centimetri che darebbero al tallonatore la possibilità di contendere la palla.

Prima che ce ne accorgiamo l’ovale è già sparito e una nuova fase di gioco si sta sviluppando in giro per il campo, andando a finire solitamente con una nuova mischia per la quale non abbiamo alcuna speranza di vittoria.

Non si tratta necessariamente di un “qualcosa” che succede, noi prime linee conosciamo un paio di cosette che accadono li sotto e che nessuno vede… il fatto è che ciò (l’introduzione storta ndr) è cosi sfacciato e così costante.

Cercando un riferimento biblico vorrei citare “Regole” capitolo 20.6 versetto D:”Il mediano di mischia deve introdurre la palla esattamente al centro della mischia, in modo che tocchi il terreno immediatamente al di là delle spalle del pilone più vicino.

La prossima volta che guardate una partita, che sia Guinness Premiership, Super 14, Magners Leegue o persino la vostra squadra locale che gioca contro alcuni studenti nella Merit Table del Somerset, prestate attenzione alle mischie e tenete a mente tutte le volte in cui la palla è introdotta diritta. Rimarrei sbalordito se doveste utilizzare più di una mano per tenere il conto.

Quindi che motivo c’è ormai per fare le mischie? Nonostante ciò vengono concesse come ripartenze di gioco per moltissime infrazioni: sono quasi dei mini-calci liberi per punire piccoli errori di handling.

La mischia dovrebbe essere caratterizzata da una natura agonistica che permetta alla squadra che ha commesso l’errore di riottenere la palla, mettendoci qualcosa in più di una semplice “pezza”.

Avallando questo vizio delle “introduzioni storte” si nullifica il senso della mischia stessa. Quindi perché proseguire con questo scempio? Se non c’è possibilità di riconquistare il possesso perduto tanto vale che l’arbitro conceda calci liberi invece che la classica mischia, ma sicuramente questa soluzione equivale a volersi sbarazzare di una mosca fastidiosa prendendola a fucilate – un’esagerazione. E’ un confronto che DEVE esserci, altrimenti potremmo evitare di stressarci convertendoci al rugby league.

Ancora non comprendo per quale ragione questo fatto non sia mai stato evidenziato da arbitri e addetti ai lavori. Eppure tutto il clamore suscitato tempo fa dalla questione “breakdown” ha determinato la nascita di forum di discussione, la parentesi delle ELV e nuove direttive. Perché non accade la stessa cosa con la mania delle introduzioni storte? Facile: Brian Moore (ex internazionale inglese ora noto commentatore tv ndr) ha glissato sull’argomento tante di quelle volte che ora nessun cronista fa notare gesti simili.

Tuttavia lui stesso ha cambiato opinione con il passare del tempo. Una volta resosi conto del fenomeno ha finalmente iniziato a farsi sentire. Ora commenta con sarcasmo ogni introduzione storta “non vista” dall’arbitro: vuol dire chi scrive le leggi del gioco e chi è preposto a verificarne il rispetto si sono silenziosamente adeguati a questo modo farsesco di intendere questo particolare.

Sono per caso giunti ad un punto di non ritorno, facendo sì che si consolidasse una tradizione che ora non sembrano in grado di fermare per una qualche paura?

Sicuramente tutti ricordete l’episodio in cui Neil Back, durante la finale di Heineken Cup del 2002 tra Leicester e Munster, tallonò la palla con la mano strappandola letteralmente via a Peter Stringer. L’ho odiato per questo. In nessun modo ero in grado di spiegarmi come potesse un giocatore del suo calibro scendere a questi livelli.

Sapete, adesso inizio a rendermene conto. L’unico modo per vincere una mischia contro è agire illegalmente. So che molta gente chiederebbe la mia testa per pensarla in questo modo, ma vedere episodi del genere accadere sporadicamente non è così triste come vedere ogni settimana l’ovale che rotola beato direttamente in seconda linea.

Mi piace il combattimento proprio della prima linea. Mi piace combattere quando gioco lì. Sapere di aver svolto il mio compito come si deve mi da’ più soddisfazione se riusciamo a vincere una mischia con introduzione avversaria: ha tutto un altro sapore.

Cosa si può fare per ovviare a ciò? E’ semplice. Arbitri: fate qualcosa! Sono consapevole della pressione che dovete sopportare stando sotto i riflettori, con allenatori e tifosi pronti a farvi notare più o meno educatamente le loro opinioni. Ma è facile se ci si pensa a fondo.

Indicate il punto e la linea per l’amore del cielo! Persino i giudici di linea potrebbero farlo se si trovassero in una posizione adeguata, specialmente adesso che sono stati rinominati come assistenti dell’arbitro.

Temo che se non lo facciate, l’IRB non ci penserà due volte a sacrificare le mischie per dei calci di seconda. Sarebbe la fine per civilità come la conosciamo oggi.

Bryn Stephen (tradotto da Giorgio Pontico)

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Welcome, Sir Ian

Posted by Giorgio Pontico su 3 gennaio 2010

Il 2010 si aperto con alcune partite di Guinness Premiership ma soprattutto con la nomina baronetto di Ian McGeechan, allenatore ed ex giocatore scozzese: una figura la cui grandezza ovale ha oltrepassato da tempo il Vallo di Adriano.

Dopo l’esordio con la Scozia nel 1972, il mediano di apertura nato a Headingley nel 1946, ha preso parte come giocatore ai tour dei Lions del 1974 e del 1977.

Conclusa la carriera sul campo Geech non ha più abbandonato l’ambiente della selezione britannica, guidandola come Head Coach dal 1989 al 2009, a parte il 2001 quando venne sostituito da Graham Henry.

Nonostante l’insuccesso maturato nella recente spedizione sudafricana, l’impegno profuso in più di 40 anni di rugby gli è valso comunque il titolo di Officer of the British Empire.

Celebri sono ancora oggi i suoi discorsi pre-partita di cui riporto un esempio del 1997, fatto alla squadra poche ore prima dell’inizio del secondo test match contro il Sudafrica.

12 anni dopo nulla è cambiato: nonostante la serie saldamente in mani ai padroni di casa sudafricani, i Lions hanno reagito con orgoglio vincendo il terzo test ed evitando così la ripetizione della figuraccia patita 4 anni prima in Nuova Zelanda.

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Rugby d’annata

Posted by Giorgio Pontico su 29 dicembre 2009

109 anni fa il rugby era già uno degli sport più popolari di tutta l’Inghilterra tanto da carpire l’attenzione dei primissimi cineamatori, che hanno immortalato su pellicola le immagini di alcune partite risalenti al 1901.

Oldham – Swinton, giocata il 12 gennaio 1901

Hunslet – Leeds, giocata il 16 febbraio 1901

E per finire Salford – Batley, giocata il 2 novembre 1901

Un altro gioco rispetto a quello che si  vede oggi in alta definizione su monitor con tecnologia LED, anche se l’effetto della macchina da presa fa sembrare quegli apparentemente goffi gentiluomini britannici come dei moderni giocatori di Super14.

(via Rugby-Pioneers)

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E Olimpico fu

Posted by Giorgio Pontico su 9 ottobre 2009

“International Olympic Committee says golf and rugby union sevens to be included in 2016 Olympic Games in Rio de Janeiro”

Dovremo attendere per altri sette anni, ma sarà un’attesa dolce. Il Rugby, nella versione a sette giocatori, tornerà ad essere uno sport olimpico a partire dal 2016, anno in cui i Giochi si terranno a Rio de Janeiro, in Brasile.

Gli attuali campioni in carica sono gli Stati Uniti, che vinsero l’ultima edizione del torneo olimpico nel 1924: difficile che possano riconfermarsi.

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Rugby nuovamente olimpico

Posted by Giorgio Pontico su 14 agosto 2009

Nel 2016, 92 anni dopo la sua ultima apparizione, al rugby verrebbero nuovamente aperte le porte delle Olimpiadi. Si tratta ancora di un indicazione poco più che ufficiosa ma è difficile che non si traduca presto in ufficiale.

da Auckland (NZ)

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Il nuovo Lansdowne Road

Posted by Giorgio Pontico su 28 luglio 2009

Dopo più di tre anni la ristrutturazione del mitico stadio di Dublino sta per essere finalmente ultimata.  La nazionale irlandese lascerà quindi il Croke Park, imprestato dalla GAA (Gaelic Football Association) attraverso una deroga dello statuto federale che vi proibisce la pratica di sport non-irish,  per tornare a giocare nella sua storica casa: a Lansdowne Road.

Ecco come dovrebbe apparire la skyline nei pressi di Landsdowne Road a Dublino. Sullo sfondo lo Staid Aviva

Ecco come dovrebbe apparire la skyline nei pressi di Landsdowne Road a Dublino. Sullo sfondo lo Staid Aviva

Google non ha ancora aggiornato le sue Maps per cui è possibile vedere la struttura precedente costruita nel 1872, ora demolita per far posto alle nuove tribune dall’aspetto futuristico, che si contrappone alla tipica skyline della capitale irlandese.

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Il mondo (ovale) a metà

Posted by Giorgio Pontico su 5 luglio 2009

Ogni anno, quando è tempo di Test Match, ritorna in auge la diatriba sulla presunta superiorità ovale dell’emisfero sud. All Blacks, Wallabies e Springbock, durante i mesi di Giugno e Novembre si scontrano con le realtà provenienti da sopra l’equatore, ultimamente concedendo poca gloria agli europei.

Già dal 1905, quando gli Originals (i precursori degli All Blacks) visitarono i Regno Unito uscendone imbattuti, gli scontri tra gli ex coloni e la corona britannica avevano assunto un carattere che trascendeva il mero senso sportivo della vicenda: era ed è ancora una questione storico-sociale. Inculcare nella testa del colono britannico la consapevolezza della fine dell’Impero Vittoriano. L’indipendenza dagli odiati oppressori.

Non è altro che un desiderio ancestrale traslato sul campo da rugby, il cui senso nel 2009 potrebbe facilmente sfuggire ai non anglosassoni.

Nonostante ciò da anni assistiamo impotenti al massacro delle formazioni del nord da parte di quelle del sud. Così è sempre stato anche in occasione delle varie edizioni della Coppa del Mondo, ma l’anno del vero tracollo, quello psicologico, è stato il 2005. Chi fu il “Generale Custer” della situazione? Sir Clive Woodward, un allenatore che probabilmente spinto dalla smania di successo ha armato, fra giocatori e staff, un intero esercito per andare alla conquista della Nuova Zelanda.

Era il tour dei Lions. Il gotha del rugby europeo era pronto a muovere guerra agli All Blacks ma quello che rimediarono non fu altro che un serie di tre sonore sconfitte, intervallate da quella con i New Zealand Maori.

L’umiliazione subita da quella che sembrava, almeno sulla carta, una squadra imbattibile (i Lions sembrano sempre imbattibili) ha cancellato ogni ostacolo emotivo: il mondo si era diviso in due ovali differenti, quello del nord, potente e tattico, e quello del sud, veloce e iper-tecnico.

Chi gioca meglio? Quale spettacolo vale il biglietto? Sembra una parafrasi dello scisma tra Union e League.

La situazione odierna è più o meno la stessa: il gioco sta attraversando una crisi d’identità. Un anno di regole sperimentali (le ELVs) ha messo in luce tutte le sue vulnerabilità.

Negare il maul come strumento offensivo ha fatto alzare diverse sopracciglia. Legittimarne il crollo aveva rappresentato un atto folle, comparabile nel mondo reale solo alla depenalizzazione dell’omicidio colposo.

Fortunatamente l’International Rugby Board, organismo regolatore del Rugby a XV, è tornato sui suoi passi, ringraziando gli scienziati di Stellenbosch per lo sforzo profuso nel creare queste “nuove regole”, dirottando il gioco da vicolo cieco in cui si era inoltrato.

Le federazioni del sud, in particolare quella Australiana, vorrebbero sperimentare ancora per rendere il rugby uno spettacolo ancora più televisivo di quanto già non sia. La Nuova Zelanda sembra abbastanza d’accordo con i cugini al di là del Mare di Tasman ma un ruolo chiave potrebbe essere giocato dai dirigenti sudafricani: il Sudafrica potrebbe lasciare il SANZAR, organo sportivo/politico del rugby sudista, determinandone lo scioglimento. Se ciò dovesse veramente accadere è probabile che australiani e neozelandesi dovranno rivedere nettamente le proprie strategie per il futuro dei rispettivi movimenti.

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