Rugby Spot Ignoranza

The slow one now will later be fast

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Roma capoccia di legno

Posted by Giorgio Pontico su 25 luglio 2009

Roma è scomoda, in tutti i sensi: è uno dei fuochi dell’ellittica dell’ovale italiano ma non è quello principale. A Roma il rugby si gioca dagli anni ’30 circa: un lasso di tempo sufficiente per conferire alla Capitale un minimo di autorità rugbystica. Tuttavia il rugby a Roma da troppo viene gestito, parafrasando un grande allenatore di calcio, ad mentula canis.

Il rugby a Roma è sport d’elité, ma non si tratta di spessore intellettuale bensì di conti in banca gonfi e di cognomi altisonanti che non staccheranno mai le proprie grinfie dal tesoro Celtic League. Unioni, scissioni e rifondazioni significano poco o nulla se a maneggiare i fili restano gli stessi burattinai.

A Treviso sarebbe bastato così poco per mettere da parte gli antagonismi storici e risparmiare ai romani l’ennesima umiliazione: un accordo con Rovigo o Venezia, meglio entrambe, non avrebbe avuto problemi a vincere quella pseudo gara d’appalto che è stato il consiglio federale del 18 luglio.

E’ inverosimile che i capi della Celtic possana, ma soprattutto vogliano ribaltare la decisione della FIR, ormai sempre più simile ad un cavallo imbizzarrito che scalcia.

Pochi giorni fa Dondi, in un intervista rilasciata al Velino, aveva dichiarato che presto Roma sarebbe stata sostituita come sede casalinga dell’Italia nel 6Nations. Subito era arrivata la smentita ma intanto in molti già esultavano, dimostrando di ignorare il regolamento dell’ente che gestisce il torneo, dando sfoggio di un campanilismo smaccatamente italiano.

Roma non è perfetta, anzi. Il Flaminio è inadeguato, non solo per ciò che riguarda la capienza, ma anche a livello strutturale. L’organizzazione funziona a malapena ma sinceramente, dopo essere stato a Twickenham, non c’è confronto.

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